(massima n. 1)
L'incapacità di intendere e di volere, prevista nell'art. 428 c.c. quale causa d'annullamento del negozio giuridico (artt. 1425, secondo comma e 1324 c.c.) e detta anche incapacità naturale, consiste nella transitoria impossibilità di rendersi conto del contenuto e degli effetti dell'atto giuridico che si compie e non può essere data da dispiaceri anche gravi, quale ad esempio la consapevolezza di una malattia propria, o di un prossimo familiare, salvo che essa abbia cagionato una patologica alterazione mentale. (Nella specie, la Corte ha confermato la sentenza impugnata che, con motivazione adeguata e priva di vizi logici giuridici, in un caso di dimissioni della lavoratrice, aveva escluso la sussistenza della detta situazione patologica, osservando che, prima di scrivere la lettera di dimissioni, la medesima lavoratrice si era consultata con un rappresentante sindacale e che, comunque, un'alterazione mentale non poteva essere determinata dal proposito, manifestato dalla datrice di lavoro, di denunciare alla polizia la sottrazione di merce, non essendo ragionevole impedire a chi ha subito, o ha ritenuto di subire, un furto di esprimere la volontà di rivolgersi alla polizia, a causa del pericolo di turbare la psiche del presunto reo).