(massima n. 2)
Poiché l'art. 234, primo comma, c.p.p. vigente, innovando rispetto all'abrogato codice di rito, prevede espressamente l'acquisizione di documenti che rappresentano fatti, persone o cose mediante la fotografia, la cinematografia, la fonografia o qualsiasi altro mezzo, la pellicola cinematografica contenente la rappresentazione di un fatto va ritenuta prova documentale avente requisiti particolari, trattandosi di un documento figurativo — non caratterizzato, cioè, dalla scrittura, bensì, di norma, dalle immagini — del tipo testimoniale — in quanto contenente la descrizione — testimonianza di un fatto e diretto, perché dà la descrizione immediata degli avvenimenti. La registrazione cinematografica, quindi, non essendo una scrittura privata, non è soggetta, ai fini dell'utilizzazione processuale, alle regole imposte dall'art. 2702 c.c., onde non necessita di sottoscrizione, mentre la sua autenticità va accertata caso per caso. (Nel caso di specie la corte ha ritenuto utilizzabile a fini di prova una videoregistrazione comprovante l'esecuzione del reato da parte dell'imputato, ritenuta autentica da parte del giudice di merito attraverso l'esame diretto del nastro, e l'individuazione delle modalità di uso dell'apparecchio, dei tempi e dei luoghi delle riprese, dell'assenza di tagli o di manipolazioni delle sequenze impressionate, così traendone la certezza sia in ordine alla paternità delle registrazioni sia in ordine all'attendibilità di quanto da esse documentato).