(massima n. 1)
Il giudice che emetta un provvedimento di custodia cautelare deve procedere all'interrogatorio ancorché per gli stessi fatti altro giudice lo abbia effettuato a seguito di propria ordinanza di custodia. Infatti, l'interrogatorio, quando è condotto dal giudice, è uno strumento di controllo e di garanzia finalizzato, con l'instaurazione del contraddittorio con l'interessato, alla immediata verifica della sussistenza dei presupposti della misura cautelare disposta, con riferimento alle condizioni generali per l'applicabilità delle misure cautelari, alle esigenze cautelari e ai criteri di adeguatezza che ogni giudice che emette un provvedimento di custodia cautelare ha un autonomo dovere di controllo e di garanzia. (Nella specie il provvedimento impugnato aveva ritenuto la superfluità del secondo interrogatorio anche perché il secondo provvedimento di custodia cautelare era stato emesso nei termini di cui all'art. 27 c.p.p. ed era quindi collegato a provvedimento già disposto da giudice dichiaratosi incompetente. La Suprema Corte, che ha ritenuto efficace il primo provvedimento in assenza di declaratoria di incompetenza ex art. 27 c.p.p. ha notato che il problema comunque non muta a secondo che il successivo provvedimento possa o non possa collegarsi al primo. Infatti, anche nel primo caso la comminatoria di perdita di efficacia della misura adottata da giudice incompetente, non assolve date condizioni, attiene solo al suo profilo funzionale, non alla sua validità ed autonomia, mentre il nuovo provvedimento non revoca il precedente ma si congiunge ad esso con una propria autonomia).