(massima n. 1)
Il secondo comma dell'art. 219 c.c. (che, con riferimento alla ipotesi di separazione di beni tra coniugi, sancisce una presunzione semplice di comproprietà per i beni mobili dei quali nessuno di essi sia in grado di dimostrare la proprietà esclusiva), pur non contenendo una esplicita limitazione dell'efficacia della presunzione di comunione ai soli rapporti interni tra coniugi (a differenza di quanto stabilito al primo comma, contenente un espresso riferimento ai rapporti predetti), va interpretato secondo criteri ermeneutici di tipo logico — unitari non meno che storici (emergendo dai lavori preparatori che l'efficacia della presunzione era stata inizialmente estesa anche ai terzi), e non consente, pertanto, di estendere gli effetti della presunzione in parola anche ai rapporti di ciascun coniuge con i terzi, con la conseguenza che, in tema di opposizione all'esecuzione, il coniuge opponente incontra tutti i limiti di prova previsti, in linea generale, dall'art. 621 c.p.c. (che esclude, in particolare, l'efficacia probatoria di qualsiasi forma di presunzione). (Si veda Corte cost. 15 dicembre 1967, n. 143, abrogativa dell'art. 622 c.p.c.).