(massima n. 2)
È manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale dell'art. 18 della legge fallimentare in riferimento all'art. 24, comma secondo, Cost., nella parte in cui detta norma non prevede la incompatibilità a partecipare al giudizio di opposizione alla sentenza dichiarativa di fallimento per il giudice che abbia concorso alla dichiarazione di quel fallimento, questione sollevata sotto il profilo della violazione del diritto di difesa conseguente al possibile condizionamento di tale giudice, che ne metterebbe in dubbio la serenità di giudizio, e, quindi, l'imparzialità. Premesso che le profonde differenze strutturali e funzionali tra il modello di processo penale e quello civile (sulle quali si veda anche la sentenza n. 326 e la ordinanza n. 356 del 1997 della Corte costituzionale) non consentono la diretta trasposizione delle tematiche sviluppate dalla giurisprudenza costituzionale con riguardo alla incompatibilità del giudice nel quadro dell'art. 34 c.p.p. (vedi, tra le ultime pronunzie, le sentenze nn. 306, 307 e 308 del 1997), va posto in rilievo che anche nel processo civile devono, ovviamente, trovare attuazione i principi del giusto processo e della imparzialità del giudice, la cui tutela è, peraltro, affidata, in tale sede, agli istituti della astensione e della ricusazione (vedi anche la sentenza n. 326 e la ordinanza n. 356 del 1997 della Corte costituzionale, già citate), nel cui ambito va verificata in concreto la sussistenza di atti il cui compimento da parte del giudice contenga valutazioni di merito tali da poter pregiudicare le successive funzioni giurisdizionali. La sentenza dichiarativa di fallimento, ancorché costituente provvedimento di merito con natura di accertamento costitutivo, viene, però, emessa al termine di una fase a cognizione sommaria, laddove la opposizione alla stessa dà luogo ad un giudizio a cognizione piena, diretta a verificare la sussistenza dei presupposti oggettivi e soggettivi del fallimento. Tale differenza, di carattere sostanziale, consente di escludere che il giudizio a cognizione piena possa rimanere pregiudicato dalla precedente fase sommaria. Peraltro, il debitore opponente, che ritenga che dalla partecipazione alla declaratoria del fallimento il giudice dell'opposizione possa subire un condizionamento, può attivare il meccanismo della ricusazione, ovvero sollecitare allo stesso giudice l'esercizio della facoltà di astenersi.