(massima n. 1)
I compensi per il lavoro straordinario prestato in maniera non occasionale rientrano nella base retributiva utile per il calcolo del trattamento di fine rapporto, a meno chela disciplina collettiva ne abbia escluso, ai sensi dell'art. 2120, secondo comma, c.c. (nel testo sostituito dall'art. 1 della L. n. 297 del 1982) la computabilità, derogando — come le è consentito — al principio dell'onnicomprensività della retribuzione. Qualora ciò si verifichi resta salva la questione dell'eventuale contrasto delle clausole contrattuali con l'art. 36 della Costituzione e/o con il principio di equità. A tale riguardo va, tuttavia, precisato che da un lato esiste una presunzione di rispetto dei due citati parametri in presenza di una norma di un contratto collettivo che è il risultato di un accordo delle parti sociali in ordine alla regolamentazione da adottare circa un determinato istituto nel reciproco interesse dei soggetti stipulanti e di quelli che da essi sono rappresentati, dall'altro lato l'art. 36 cit. regola l'assetto complessivo della retribuzione e non può considerarsi violato — in linea di principio — dalla negazione di una singola componente della retribuzione a determinati fini, tanto più ove essa sia dalla legge consentita. (Nella specie l'impugnata sentenza — confermata dalla S.C. — aveva ritenuto che l'art. 58 del C.C.N.L. 16 luglio 1987 per i dipendenti degli istituiti di vigilanza, escludendo la computabilità dei compensi per il lavoro straordinario non occasionale ai fini del calcolo per il Tfr, non si ponesse in contrasto né con l'art. 2120 c.c. né con l'art. 36 Cost.).