Dato l'obbligo giuridico di rendere testimonianza e di non mentire, la norma in esame disciplina le ipotesi in cui il giudice ravvisi delle falsità o delle reticenze nella testimonianza. Si precisa che si esclude qualsiasi rapporto di pregiudizialità del relativo procedimento di accertamento delle falsità rispetto al procedimento principale e, in ogni caso, del divieto di arresto in udienza per il testimone sancito dall'articolo
476 comma 2.
La
testimonianza appartiene ai
mezzi di prova, caratterizzati dal fatto che offrono al giudice dei risultati direttamente utilizzabili dal giudice ai fini della successiva decisione. I mezzi di prova non vanno confusi con i mezzi di ricerca della prova (ispezioni,
perquisizioni, sequestri, intercettazioni), che sono invece funzionali a permettere l’acquisizione di tracce, notizie o dichiarazioni idonee ad assumere rilevanza probatoria.
Al giudice è imposto l'
obbligo di informare il pubblico ministero, trasmettendo i relativi atti, ove ne ricorrano gli estremi,
solamente con la decisione conclusiva della fase processuale in cui il testimone ha deposto, salva l'autonomia del pubblico ministero stesso di promuovere l'
azione penale in qualsiasi momento, anche prima degli adempimenti del giudice di cui sopra.
L'avvertimento di cui al primo comma è chiaramente preordinato a non deviare il corso del procedimento ed ad accelerarne il corso. In caso contrario, qualora scattasse subito l'iscrizione della notizia di reato nell'apposito registro, si influenzerebbe negativamente il testimone, a scapito della genuinità relativa all'accertamento dei fatti posto in essere in quel momento.