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Articolo 33 ter Codice di procedura penale

(D.P.R. 22 settembre 1988, n. 447)

[Aggiornato al 30/11/2024]

Attribuzioni del tribunale in composizione monocratica

Dispositivo dell'art. 33 ter Codice di procedura penale

1. Sono attribuiti al tribunale in composizione monocratica i delitti previsti dall'articolo 73 del testo unico approvato con decreto del Presidente della Repubblica 9 ottobre 1990, n. 309, sempre che non siano contestate le aggravanti di cui all'articolo 80, [commi 1, 3 e 4,](1) del medesimo testo unico.

2. Il tribunale giudica in composizione monocratica, altresì, in tutti i casi non previsti dall'articolo 33 bis o da altre disposizioni di legge.

Note

(1) L'articolo in esame è stato introdotto nel 1998 con l'art. 169 del d.lgs. n. 51 del 19 febbraio, relativo all'istituzione del giudice monocratico; successivamente è stato sostituito dall'art. 10 della l. 16 dicembre 1999, n. 479. In seguito - a mezzo dell'art. 2 ter del d.l. n. 82 del 7 aprile 2000 e convertito con modifiche nella l. n. 144 de 5 giugno 2000 - è intervenuta una modifica parziale dello stesso riguardante la soppressione dell'articolo nella parte del riferimento ai commi 1, 3 e 4 dell'art. 80 del d.p.r. 309/1990 riguardante la normativa sugli stupefacenti.
Il nuovo testo individua nello specifico i reati che devono essere attribuiti alla competenza del tribunale monocratico, quali, appunto, la normativa in materia di stupefacenti. Se il testo originario attribuiva alla cognizione del giudice monocratico anche la fattispecie aggravata di cui al secondo comma dell'art. 80 del d.p.r. 309/1990 (escludendo le ipotesi di cui ai commi 1, 3 e 4 del predetto articolo) con la modifica intervenuta nel 2000 con l'art. 2 del d.l n. 82 del 7 aprile, convertito nella l. n. 144 del 5 giugno tutte le ipotesi aggravate dell'art. 80 del predetto d.p.r. appartengono all'attribuzione del giudice in composizione collegiale.
Ciò è avvenuto a causa dell'effettiva differenza tra il limite edittale previsto dalla summenzionata aggravante ed il quantitativo sanzionatorio in termini di pena edittale normalmente attribuito alla cognizione del giudice monocratico.

Ratio Legis

Tale articolo è fondamentale in quanto rappresenta le epocali modifiche apportate dall'istituzione del giudice unico di cui al d.lvo 19 febbraio, n. 51 poi modificato dalla l. 15 dicembre 1999, n. 479; detta dunque, i criteri che consentono di determinare la materia ed i reati che spettano alla cognizione del giudice monocratico anzichè del giudice collegiale.

Spiegazione dell'art. 33 ter Codice di procedura penale

Il legislatore impone di stabilire, oltre a quale sia il giudice competente, di individuare la corretta distribuzione dei processi tra il tribunale in composizione monocratica o collegiale. Tale sottocategoria si chiama attribuzione.

Si specifica che un'errore di ripartizione dei reati tra tribunale in composizione monocratica e in composizione monocratica a seguito della violazione delle predette disposizioni non attiene alla capacità del giudice in quanto affettano esclusivamente alla questione dell'attribuzione dei reati. In casi analoghi, pertanto, non potrà essere fatta valere un'eccezione riguardante la nullità assoluta ed insanabile di cui agli artt. 178 c.p.p. lett. a) e 179 c.p.p. comma 1; è invece contestabile una nullità a regime intermedio come previsto dal Capo VI bis relativo ai provvedimenti sulla composizione collegiale o monocratica del tribunale (artt. 33 quinquiesc.p.p.).

Orbene, il tribunale in composizione monocratica opera in via residuale, ovvero per tutti i delitti non elencati nell'articolo 33 bis, e per tutti i delitti, anche tentati, puniti con la pena della reclusione non superiore nel massimo a dieci anni. Tale regola soffre tuttavia un'eccezione, relativa ai delitti in materia di stupefacenti di cui all'articolo 73 D.P.R. 309/90, a meno che non siano state contestate le aggravanti specifiche di cui all'articolo 80 del medesimo testo unico, nel qual caso giudicherà il tribunale in composizione collegiale.

Massime relative all'art. 33 ter Codice di procedura penale

Cass. pen. n. 19576/2007

Competente per il delitto di diffamazione è il Tribunale in composizione monocratica, considerato che l'art. 21 L. n. 47 del 1948, che affermava, al riguardo, la competenza del tribunale quale organo pluripersonale, è ormai superato dalle nuove norme di ordinamento giudiziario e da quelle processuali che enunciano la regola generale della composizione monocratica del tribunale salvo tassative deroghe espressamente stabilite dalla legge, sicché deve essere esclusa l'interpretazione estensiva che prefiguri ulteriori riserve di collegialità per fattispecie di reato, in origine attribuite da leggi speciali al tribunale o al pretore, in relazione alla particolare rilevanza della materia o del bene giuridico tutelato. (Rigetta, App. Milano, 5 Giugno 2006).

Cass. pen. n. 27019/2001

L'art. 589, comma 3, c.p. (morte e lesioni colpose in danno di più persone) non prevede un'autonoma figura di reato complesso, ma integra un'ipotesi di concorso formale di reati, nella quale l'unificazione è sancita unicamente quoad poenam, con la conseguenza che ciascun reato resta autonomo e distinto ai fini della determinazione del giudice competente per materia. (Fattispecie nella quale la Corte ha ritenuto la competenza del tribunale in composizione monocratica, sul rilievo che l'art. 33 bis c.p.p. richiama espressamente l'art. 4 dello stesso codice, a norma del quale, per determinare la competenza si ha riguardo alla pena stabilita per legge per ciascun reato consumato o tentato, e non a quella risultante dall'applicazione delle norme sulla continuazione e sul concorso formale di reati).

Cass. pen. n. 16668/2001

In tema di riparto delle «attribuzioni» in relazione alla composizione del giudice, il reato di diffamazione commesso col mezzo della stampa è attribuito alla cognizione del giudice in composizione monocratica, giacché la disposizione dell'art. 21 L. 8 febbraio 1948, n. 47 - che indicava il «tribunale» quale organo pluripersonale competente a giudicare il reato in questione - risulta ormai superata dalle nuove norme di ordinamento giudiziario e da quelle processuali che enunciano la regola generale della composizione monocratica del tribunale salvo tassative deroghe espressamente stabilite dalla legge e non è consentita una interpretazione estensiva che prefiguri ulteriori riserve di collegialità per fattispecie di reato, in origine attribuite da leggi speciali al tribunale o al pretore, in relazione alla particolare rilevanza della materia o del bene giuridico tutelato. (Nella specie, la Corte ha osservato che l'art. 48 ord. giud., nel testo sostituito dall'art. 14 D.L.vo 19 febbraio 1998, n. 51 prescrive che il tribunale giudica in composizione monocratica salvo che sia diversamente stabilito dalla legge e l'art. 33 bis c.p.p., nel testo sostituito dall'art. 10 della L. 16 febbraio 1999, n. 479, prevede che il tribunale giudica in composizione monocratica in tutti le ipotesi non previste dall'art. 33 bis c.p.p. e da altre disposizioni di legge che indichino la composizione del giudice in relazione alla specifica funzione da svolgere ovvero alla specifica figura di reato alla sua cognizione attribuita).

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