La norma in esame è stata introdotta a seguito del D.L. 21.6.2013, n. 69, convertito, con modificazioni, dalla L. 9.8.2013, n. 98.
Stando a quanto previsto dal D.L. 21.6.2013, n. 69, la nuova disposizione sembrava reintrodurre l'obbligo per il Giudice di formulare alle parti una proposta transattiva o conciliativa; inoltre, veniva anche sanzionato il rifiuto senza giustificato motivo della proposta transattiva o conciliativa (tale comportamento, infatti, era valutabile dal Giudice ai fini del giudizio).
Secondo la nuova formulazione della legge di conversione, invece, è stato previsto che sia il Giudice a formulare, ove possibile, una proposta transattiva o conciliativa.
La medesima legge di conversione è intervenuta anche in relazione alle conseguenze in caso di rifiuto della proposta senza giustificato motivo, considerato che non viene detto più nulla per il caso in cui la parte non aderisca all'eventuale proposta del Giudice.
La giurisprudenza di merito ha sottolineato che la previsione di cui all'art. 185 bis costituisce l'espressione di un principio generale e che la stessa assolve ad un importante compito deflattivo, mirato ad evitare che tutte le controversie debbano necessariamente concludersi con
sentenza.
Con la sua introduzione il legislatore ha voluto fondamentalmente rispondere all'esigenza che non si protragga un contenzioso inutile in quanto in tutto o in parte avente ad oggetto questioni su cui il giudice si è già pronunciato in diverse occasioni.
La proposta conciliativa qui prevista deve essere formulata nella fase della trattazione e prima che sia chiusa l'istruttoria; infatti, una volta esaurita e chiusa l'istruttoria, non sussiste più per il giudice il potere dovere di formulare una ipotesi conciliativa o transattiva.
Tale significato della norma lo si può dedurre:
a) dalla sua interpretazione letterale, in quanto l'espressione "
sino a quando è esaurita l'istruzione" indica espressamente la fase istruttoria come limite dell'attività del giudice di formulare i termini della transazione o della conciliazione;
b) dall'interpretazione logico sistematica, in quanto stabilire il potere dovere del giudice di formulare alle parti una ipotesi conciliativa o transattiva della controversia, in una fase in cui l'attività istruttoria è già chiusa e non resta che rimettere le parti alla decisione, significherebbe imporre al giudice di anticipare la sua probabile decisione finale.
Occorre evidenziare che la norma distingue tra proposta transattiva o conciliativa:
transazione e conciliazione, in realtà, sono due istituti completamente differenti, in quanto la prima è di natura prettamente contrattuale ex
art. 1965 del c.c. mentre la seconda costituisce una modalità di composizione della lite che può avere i contenuti più vari (giudiziale o stragiudiziale).