La norma in esame disciplina i codici di condotta, dovendosi intendere come tali tutti quei testi contenenti un insieme di regole che i professionisti si impongono spontaneamente con il preciso fine di migliorare il rapporto con la clientela nello svolgimento della propria attività (la loro creazione ed adozione, dunque, non è prevista dalla legge, ma deve intendersi rimessa esclusivamente alla volontà degli stessi professionisti).
Tali codici si sono rivelati molto utili come strumento per contrastare le pratiche commerciali scorrette, svolgendo un importante ruolo ausiliario in aggiunta agli ordinari mezzi di tutela previsti dalla legge.
Oltre alla presente norma, che li disciplina, si possono individuare nel corpo dello stesso codice del consumo altre norme che ad essi fanno riferimento, come, per esempio, gli artt. 21 e 23, i quali qualificano come pratica commerciale ingannevole la mancata osservanza da parte del
professionista degli impegni assunti con il codice di condotta e l’affermare, contrariamente al vero, che un determinato codice è stato approvato da un organismo pubblico o di altra natura.
Strettamente connessa a questo documento è la figura del responsabile del codice, al quale viene affidato il compito della stesura e delle eventuali modifiche dei codici, nonché del controllo che le regole in essi contenute siano rispettate da parte dei soggetti aderenti.
I redattori del codice lo comunicano, per promuoverne l’adesione, agli operatori di settore ed il responsabile lo conserva ed aggiorna, indicando quanti vi hanno aderito.
Ovviamente, è indispensabile che il codice venga messo a disposizione del
consumatore al fine di poterlo visionare, e lo strumento più veloce ed efficace in tal senso si ritiene che non possa che essere quello telematico; proprio per raggiungere tale finalità si richiede che il professionista, appartenente ad un’associazione o ad una organizzazione imprenditoriale che ha redatto il codice, informi il consumatore della sua esistenza, dei suoi contenuti e della sua adesione.
In forza di quanto previsto al secondo comma, il codice di condotta deve essere redatto sia in lingua italiana che inglese, e ciò al fine di poter essere facilmente compreso da uno straniero.
Aggiunge il terzo comma che lo stesso deve garantire la protezione dei minori e salvaguardare la dignità umana.
Tra i codici di condotta adottati si ricordano il Codice di autodisciplina pubblicitaria ed il codice della comunicazione commerciale.
Vi sono, poi, i codici di condotta che adottano molti datori di lavoro, contenuti in un documento che viene di solito consegnato al lavoratore al momento dell’assunzione e che contiene tutta una serie di regole da osservare sia da un punto di vista etico che morale (si parla, infatti, di codice etico aziendale).
Le norme in esso contenute fanno riferimento ai valori etici ed ai principi che l’azienda che lo adotta si prefigge di rispettare e perseguire, quali la trasparenza, l’equità, la diligenza, l’imparzialità, la tutela delle persone e dell’ambiente.