Concezione della specificazione secondo il vecchio e il nuovo codice
Salvo emendamenti di forma, questo articolo riproduce quello corrispondente proposto dalla Commissione Reale per la riforma dei codici.
Le norme del vecchio codice rappresentavano sostanzialmente la riproduzione di quelle del codice Napoleone, travasate attraverso le conformi disposizioni dei codici degli antichi Stati italiani.
L’ impostazione era di carattere nettamente individualistico, ancor più rispettosa della proprietà e negatrice dell’ importanza del lavoro di quanto fosse il diritto romano giustinianeo.
Per il legislatore del 1865 la nuova cosa risultante dalla specificazione veniva ad mere formata di due parti, l'una costituita dalla materia, l'altra dal lavoro. Ci si sarebbe dovuto aspettare un trattamento almeno di parità, il codice, invece, dava sempre la preferenza alla materia salvo nel caso previsto dall'art.470, in cui si diceva che la mano d'opera era considerata come principale soltanto quando fosse tanto pregevole da sorpassare il valore della materia adoperata.
Il caso dell'opera d'arte, per la quale negare all'artista la proprietà, dell'opera, creata dal suo talento con la materia bruta, sarebbe stata una ingiustizia contro la quale anche il buon senso si sarebbe ribellato, e il buon senso non può negarsi al legislatore del 1865, il quale non faceva, con gli articoli su citati, che consacrare legislativamente le idee allora trionfanti. Non gli si può, dunque, fare gravi rimproveri. A seguito alla Carta del Lavoro che aveva dichiarato i principi del nuovo ordine dato dal Fascismo alla società Italiana, e che, secondo le parole dell’epoca, aveva portato il lavoro al centro dello Stato e fatto di tutto il complesso della produzione uno strumento primario di potenza nazionale, sarebbe stato un controsenso continuare a mantenere un principio che comportava una svalutazione del lavoro.
Proposta della Commissione Reale per la riforma dei codici
La Commissione Reale per la riforma del codici, convinta che al lavoro dovesse riconoscersi, anche e soprattutto nel campo legislativo, la sua nobiltà ed essenzialità per la vita sociale odierna, propose l’ inversione della norma dell'art. 468 del vecchio codice. La proposta dalla Commissione Reale venne accolta, salvo emendamenti formali nel testo definitive dell'art. 940 che davano l'inequivocabile prevalenza al lavoro di fronte alla materia.
Si è così stabilito, infatti, che possa o non possa la materia riprendere la sua prima forma, chi lavora su materia non sua per formare una nuova cosa ne acquista la proprietà.
L’inconveniente maggiore che può derivare da tale norma è quello che veniva segnalato dai commentatori del vecchio codice a giustificazione del principio sancito in questo articolo: la preoccupazione, cioè, che il fatto abusivo dello specificatore bastasse a privare il proprietario del suo diritto alla cosa. Ma contro tale inconveniente il proprietario, che sappia vigilare sulle sue cose, può difendersi tempestivamente rivendicandole non appena lo specificatore se ne sia impossessato o prima che le abbia trasformate col lavoro.
Limiti all’attività del proprietario
Fino a quale momento il proprietario potrà tempestivamente agire è una questione che va risolta caso per caso.
Fino a quando la materia non è stata trasformata il proprietario indubbiamente può avvalersi dei mezzi che la legge gli offre per difendere la sua proprietà. Ma se egli non ha voluto o potuto impedire la trasformazione della materia quando il lavoratore ha già impresso a questa l’impronta trasformatrice del suo lavoro, non è giusto che il proprietario rimasto inerte possa privarlo della cosa nuova, che è il risultato dell'opera produttiva.
La trasformazione della cosa come elemento di specificazione
Occorre, dunque, come elemento essenziale della specificazione, che vi sia una vera trasformazione della materia di carattere permanente, perché una trasformazione contingente che si limiti ad una semplice alterazione della cosa, non può dirsi specificazione. I Romani ci offrono al riguardo utili e chiare indicazioni. La tintura della lana per es. non era da essi e non può essere neppure da noi considerata specificazione, perché il mutamento di colore altera, non trasforma la materia. In questi casi, anzi, per i Romani, il colore accedeva alla lana. Sussiste, invece, la specificazione per il nuovo codice anche quando vi sia la possibilità di ridare alla materia trasformata in modo sostanziale e permanente la forma primitiva.
Il Pothier citava come esempio, nel quale non si sarebbe dovuta riconoscere la specificazione, il caso della verga d'argento trasformata in tazza, sia pure lavorata. Egli rilevava che siccome la tazza, gettata nel crogiuolo, può riprendere la primitiva forma di verga, la materia di questa sussiste sempre nella sua sostanziale integrità e il proprietario ha diritto di rivendicarla.
Ma è proprio questo un esempio di negazione dell'opera produttiva, tanto per il codice Napoleone, che dal Pothier trasse ispirazione per grande parte delle sue norme, quanto per il nostro vecchio codice ora abrogato: ma è pure un esempio che può servire, invece, proprio per indicare un caso tipico di specificazione. Non c’è dubbio che la tazza potrebbe ridiventare verga d'argento, come potrebbe diventare verga d'argento il vaso cesellato, ma, per questa sola possibilità di ripristino della materia nell'antica forma, si verrebbe ad annullare l'opera dell'artefice che è l'opera di produzione, proprio quella cioè che il legislatore fascista ha voluto particolarmente ed energicamente proteggere.
In una sola ipotesi il legislatore ha giustamente riconosciuto che l'artefice non può pretendere la proprietà della cosa da lui trasformata: l'ipotesi in cui il valore della materia sorpassi notevolmente quello della mano d'opera. Ma l'avverbio « notevolmente » sta ad indicare che fra i due valori deve esservi un distacco rilevante: la prevalenza della materia deve essere chiaramente accertabile, che, se così non fosse, lo specificatore dovrebbe essere sempre preferito.
Anche nel caso ora indicato, tuttavia, in cui la preferenza deve essere concessa al proprietario, il codice nuovo non manca di tutelare, nel limite dell'equità, l'interesse del lavoratore, in quanto prescrive che il proprietario della materia deve pagare allo specificatore il prezzo della mano d'opera.
Il consenso con cui fu accolta la proposta della Commissione Reale e i primi favorevoli commenti fatti al nuovo codice, stanno a dimostrare che la riforma fu vivamente sentita dalla pubblica opinione; e l'attuazione pratica di essa ne ha confermato la bontà e l'opportunità.
Codici stranieri
Quanto alla specificazione, i codici stranieri sono variamente orientati. Sono sostanzialmente favorevoli al proprietario della materia, oltre il codice francese, quello brasiliano e cinese. Sono, invece, favorevoli allo specificatore il codice tedesco, svizzero, spagnolo e messicano.