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Articolo 2570 Codice Civile

(R.D. 16 marzo 1942, n. 262)

[Aggiornato al 25/09/2024]

Marchi collettivi

Dispositivo dell'art. 2570 Codice Civile

I soggetti che svolgono la funzione di garantire l'origine, la natura o la qualità di determinati prodotti o servizi possono ottenere la registrazione di marchi collettivi(1) per concederne l'uso, secondo le norme dei rispettivi regolamenti, a produttori o commercianti.

Note

(1) I titolari dei marchi collettivi non svolgono attività d'impresa, ma hanno la facoltà di concedere in uso i marchi in questione a produttori o commercianti che si impegnano all'osservanza di specifici regolamenti.

Ratio Legis

In relazione al marchio collettivo opera il diritto di esclusiva proprio del marchio, con la particolarità che il diritto del titolare e compatibile con l'uso plurimo e contemporaneo di più licenziatari.

Spiegazione dell'art. 2570 Codice Civile

Nel caso in cui una associazione non riconosciuta, quale ente esponenziale di un determinato gruppo di imprenditori, abbia ottenuto, a norma degli artt. 2570 e art. 11, d.lgs. n. 30/2005, la registrazione di un marchio collettivo utilizzato dagli imprenditori associati, detta associazione, che non riveste la qualità di imprenditore e non ha lo scopo di tutelare interessi generali di categoria, ove vengano compiuti da terzi atti di abuso del marchio, mentre può ottenere ogni tutela di tipo reale nascente dalla violazione di tale diritto oltre che il risarcimento dei danni eventualmente derivanti da tale violazione, non e legittimata ad agire con l'azione di concorrenza sleale ai sensi dell'art. 2601 (Cass. n. 9073/1995).
Il marchio di servizio, destinato a contraddistinguere una specifica attività (e dotato di un campo di produzione limitato a tale attività in se considerata) più che il titolare di essa, si distingue dalla ditta, che designa genericamente ed unitariamente il nome sotto cui l'imprenditore esercita l'impresa e non ha — salvo che venga usata anche come marchio — una diretta attinenza con i prodotti da lui fabbricati o venduti, o con i servizi prestati. Esso si distingue altresì dal vero e proprio marchio collettivo, di cui all'art 2 r.d. n. 929/1942, (cui e simile il marchio nazionale d'esportazione), che si risolve in un marchio di certificazione o di qualità, e oggetto di utilizzazione plurima da parte di una serie di imprenditori con modalità proprie di un marchio di prodotto, e presuppone la Costituzione e il legale riconoscimento di particolari enti o associazioni che ne hanno la titolarità (Cass. n. 5334/1977).
Oggi qualsiasi soggetto, comprese le persone fisiche, che si proponga di garantire l'origine, la natura o la qualità di determinati prodotti o servizi potrà ottenere la registrazione come marchio collettivo (VANZETTI). Prima della entrata in vigore della novella parte della dottrina era orientata a riconoscere al marchio collettivo prevalente funzione di garanzia, al contrario di quanto generalmente ritenuto per i marchi individuali (SALANDRA). Ed invero, prima della novella il marchio collettivo proveniva da una collettività d'imprenditori, mentre oggi rappresenta il simbolo di una omologazione di un prodotto che accentua il carattere di certificazione.

Massime relative all'art. 2570 Codice Civile

Cass. civ. n. 24620/2010

Il marchio collettivo tutela uno specifico prodotto, non l'attività produttiva di una determinata impresa, con la conseguenza che la tutela da esso apprestata non si estende, oltre ai prodotti specificamente contraddistinti, anche ai prodotti affini, i quali, in quanto riconducibili all'attività di impresa, rientrano solo nell'ambito di protezione del marchio individuale, ai sensi dell'art. 1 del r.d. 21 giugno 1942, n. 929 ("ratione temporis" applicabile). Ne consegue che se il marchio collettivo sia costituito da un nome geografico, qualsiasi altro prodotto, sia esso, o no, simile a quello tutelato dal marchio collettivo, può avvalersi di detta denominazione, purché se ne faccia uso corretto, ai sensi dell'art. 2, quarto comma, del r.d. menzionato.

Cass. civ. n. 9073/1995

Nel caso in cui un'associazione non riconosciuta, quale ente esponenziale di un determinato gruppo di imprenditori, abbia ottenuto, a norma degli art. 2570 c.c. e 2 R.D. 21 giugno 1942, n. 929, la registrazione di un marchio collettivo utilizzato dagli imprenditori associati, detta associazione, che non riveste la qualità di imprenditore e non ha lo scopo di tutelare interessi generali di categoria, ove vengano compiuti da terzi atti di abuso del marchio, mentre può ottenere ogni tutela di tipo reale nascente dalla violazione di tale diritto oltre che il risarcimento dei danni eventualmente derivanti da tale violazione, non è legittimata ad agire con l'azione di concorrenza sleale ai sensi dell'art. 2601 c.c.

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