La norma presuppone l'esistenza di un
accordo fra le società, ovvero che l'operazione di
reciproca sottoscrizione sia concordata tra le medesime.
Ciononostante, l’applicabilità del divieto non sembra implicare la sussistenza di un
preventivo rapporto di controllo o collegamento tra le società che hanno incrociato le sottoscrizioni, né dall’altro lato risulta necessario che il collegamento si instauri proprio in ragione delle reciproche sottoscrizioni.
La ratio sottesa alla disposizione è quella di garantire l’
integrità e l’effettività del capitale sociale.
Rimangono tuttavia dei persistenti dubbi circa la possibilità di sottoscrivere reciprocamente le azioni
nei limiti degli utili e delle riserve disponibili, dato che nel caso di specie non sussiste un pericolo di annacquamento del capitale sociale.
Inoltre, non sono del tutto chiarite le conseguenze che scaturiscono dalla violazione del divieto: sebbene la dottrina abbia ribadito il carattere imperativo della norma e la
nullità delle operazioni di sottoscrizione reciproca, la giurisprudenza ha in taluni casi preferito discutere di
annullabilità. Secondo un ulteriore orientamento, inoltre, la violazione non sarebbe idonea ad intaccare la validità dell’atto, dovendosi piuttosto applicare le norme che regolano la sorte delle azioni proprie sottoscritte dalla società in violazione dell’art.
2357 quater.
Il divieto opera anche se una o entrambe le società intervengono nell'operazione non direttamente ma per interposta persona o attraverso una società fiduciaria. Riguarda ogni ipotesi in cui, in virtù di un rapporto di gestione, un soggetto sottoscriva le azioni per conto della società, su cui è destinato a gravare l'onere economico finale della sottoscrizione.