La norma in commento reca un
divieto assoluto di sottoscrizione delle azioni proprie. La ratio sottesa alla norma è quella di tutelare
l’integrità e l’effettività del capitale sociale, dal momento che se la società sottoscrivesse le proprie azioni diverrebbe creditrice di sé stessa.
La violazione del divieto non comporta l'invalidità della sottoscrizione bensì l’imputazione dei suoi effetti ai
soci fondatori e ai promotori, laddove le azioni siano sottoscritte in sede di costituzione della società, oppure agli
amministratori, nel caso in cui l’emissione delle azioni sottoscritte consegua ad un
aumento del capitale sociale. I soggetti menzionati divengono
comproprietari delle azioni e sono obbligati in solido ad effettuare i conferimenti, fermo restando che gli stessi potranno escludere l’effetto sostitutivo provando di essere esenti da
colpa.
Nonostante la norma richiami al secondo comma dell’art.
2357 ter, non può considerarsi legittima la sottoscrizione mediante esercizio del
diritto d’opzione spettante alla società in ragione delle azioni già possedute: il d.lgs. 224/2010 ha infatti modificato il secondo comma di tale ultima disposizione, prevedendo che il
diritto d’opzione spettante alla società sia attribuito proporzionalmente ai soci, così escludendo la possibilità per la società di esercitarlo.
Qualora alla sottoscrizione provveda invece un
soggetto terzo, laddove egli agisca per conto della società andrà considerato a tutti gli effetti come sottoscrittore per proprio conto. In tal caso, i soci fondatori, i promotori o gli amministratori saranno
solidalmente responsabili per la liberazione delle azioni sottoscritte, sebbene non ne diventino comproprietari.