Cass. civ. n. 7407/2021
In tema di società di professionisti, ai fini della qualificazione del reddito come reddito di impresa o di lavoro autonomo, in mancanza di una disciplina speciale di natura fiscale, deve farsi riferimento alle regole generali civilistiche; pertanto, ai sensi dell'art. 2238 c.c., il reddito deve essere qualificato come di impresa quando l'esercizio della professione costituisca elemento di un'attività organizzata in forma di impresa, con prevalenza del carattere dell'organizzazione del lavoro altrui e del capitale sulla prestazione di lavoro intellettuale, sicché il reddito prodotto non possa essere riferito al solo lavoro del professionista ma debba ritenersi derivante dall'intera struttura imprenditoriale, mentre dovrà essere qualificato come di lavoro autonomo in difetto di dimostrazione di un'attività diversa e ulteriore rispetto all'apporto intellettuale, il quale non si configura come una delle componenti di una più complessa attività organizzata ma resta connotato dal requisito della personalità di cui all'art. 2232 c.c.
Cass. civ. n. 8989/2008
Il professionista intellettuale assume la qualità di imprenditore commerciale quando esercita la professione nell'ambito di una attività organizzata in forma d'impresa anche acquisita a seguito di cessione di ramo d'azienda
ex art. 2112 c.c., norma applicabile rispondendo la nuova formulazione al precedente e consolidato orientamento giurisprudenziale in quanto svolga una distinta ed assorbente attività che si contraddistingue da quella professionale per il diverso ruolo, non meramente strumentale, che riveste il sostrato organizzativo e per il diverso apporto del professionista, involgente una prevalente azione di organizzazione, ossia di coordinamento e di controllo dei fattori produttivi, che si affianca all'attività tecnica ai fini della produzione del servizio. Ne consegue che costituisce una autonoma attività imprenditoriale (e non mera gestione separata rispetto a quella, professionale, di consulente fiscale) l'attività di elaborazione dati e tenuta della contabilità svolta da un ragioniere attraverso un complesso organizzato di beni (locali ed attrezzature) e di professionalità (del personale preposto al servizio), ove la struttura sia rimasta assoggettata, nel corso degli anni, a diverse cessioni (con acquisizione, da ultimo, da parte del professionista) che ne avevano conservato l'identità funzionale ed organizzativa.
Cass. civ. n. 11896/2002
Gli studi professionali in genere, ed in particolare quelli in cui venga esercitata l'attività medica (nella specie, odontoiatrica), possono anche essere organizzati sotto forma di azienda c.d. professionale tutte le volte in cui, al profilo personale dell'attività svolta, si affianchino un'organizzazione di mezzi e strutture diagnostico-terapeutiche, un numero di titolari e di dipendenti, un'ampiezza dei locali adibiti all'attività medica tali che il fattore organizzativo e l'entità dei mezzi impiegati sovrasti l'attività professionale del (dei) titolare (i), o quantomeno si ponga, rispetto ad essa, come entità giuridica dotata di una propria autonomia strutturale e funzionale che, seppur non separata dall'attività dei titolari, assume una rilevanza economica tale da essere suscettibile di una propria valutazione e divenire, per sé stessa, oggetto di possibile contrattazione in base al combinato disposto di cui agli artt. 2238, 2082, 2112, 2555 c.c. (nell'affermare il principio di diritto che precede, la S.C., qualificata la cessione di uno studio dentistico come contratto di cessione di azienda, specie con riferimento agli adempimenti, convenuti
inter partes, di cui all'art. 36 della legge 392/78, ha poi confermato l'annullamento per dolo del contratto di cessione pronunciata dal giudice di merito per aver taciuto i cedenti una serie di fatti e circostanze decisive nella formazione del consenso dei cessionari).