Diritti del depositante
Un'altra caratteristica del deposito nei magazzini generali consiste nella facoltà, attribuita al depositante dall'art. 1788, di ispezionare le merci depositate e di ritirare i campioni d'uso.
Poiché ambedue tali facoltà non potrebbero negarsi a qualsiasi depositante, essendo la prima manifestazione del generale potere di controllare l'adempimento della custodia, e non urtando la seconda contro alcun apprezzabile interesse contrario del depositario, il valore dell'espressa consacrazione nei riguardi del deposito nei magazzini si coglie considerando che, mentre nel deposito in genere tali facoltà sono esperibili in linea di fatto, ma non determinano alcuna particolarita della custodia rivolta ad assicurane l'esperibilità, viceversa i magazzini generali debbono collocare e tener collocate le merci in modo da render sempre possibile ed agevole l'esercizio delle facoltà medesime.
Questo, però si riferisce non soltanto all'ispezione ed al prelevamento di campioni, ma anche a manipolazioni, cernite miscele, travasi, ed in genere a «tutte le operazioni che i depositanti possono avere interesse a compiere sulle merci»; e, deve ritenersi che le ulteriori facoltà competono solo se ed in quanto siano previste nei regolamenti d'esercizio.
Interessa comunque notare che la presenza di questi diritti non altera la natura giuridica del contratto, poiché la presupposta facoltà di accesso nei locali non determina alcuna pretesa relativa ai locali medesimi, incompatibile con lo schema del deposito: si tratta di mere modalità del deposito, coordinate alla sua funzione di operazione ausiliaria del commercio.
Obblighi del depositante e garanzie dell'adempimento
Le obbligazioni contrattuali del depositante e le garanzie di adempimento accordate dalla legge al depositario sono quelle stesse illustrate a proposito del deposito in generale (art. 1781).
Va ricordato soltanto che il compenso dovuto per il magazzinaggio deriva dall'applicazione delle tariffe debitamente approvate, e che non vige la presunzione di gratuità, dovendosi anzi ritenere dovuto, anche nel silenzio delle parti, il corrispettivo determinabile in base alla tariffa medesima.
Dal combinato disposto degli articoli 2761 e 2756, deriva che l'esercente non soddisfatto può procedere alla vendita delle cose depositate, mentre tale possibilità non era contemplata in linea generale dal codice del 1865, e sussisteva, pertanto, solo in quanto prevista, com'è frequentemente, dal regolamento d'esercizio.
Il depositante, inoltre, è tenuto al rimborso di quanto sia stato pagato dall'esercente all'erario a titolo di tributo doganale o daziario, dato che, per effetto dell'eseguito pagamento, l'esercente è surrogato nelle ragioni dell'Erario, a sensi dell'art. 1203 n. 3 del codice; ed anche questo credito di rivalsa e privilegiato, poiché l'esercente subentra nel privilegio già spettante all'Erario.
Per quanto concerne i rapporti tra i crediti dell'esercente ed i crediti pignoratizi o le ragioni di altri aventi diritto, deve ritenersi che la norma dell'art. 2756, 2°comma, applicabile al deposito in genere (articolo 2761), secondo la quale il privilegio del depositario ha effetto anche in pregiudizio dei terzi aventi diritto a condizione che il depositario medesimo sia stato in buona fede nel fare le spese o le prestazioni, sia derogata, nel senso che da questa condizione si debba prescindere, dal capoverso dell'art. 1789, secondo il quale «il ricavato della vendita, dedotte le spese e quanto altro spetta ai magazzini generali, deve essere tenuto a disposizione degli aventi diritto ». Vero è che tale disposizione è formalmente riferita alla sola ipotesi di vendita promossa dall'esercente per mancato ritiro delle merci alla scadenza o dopo il decorso di un anno o per evitare il deperimento; ma l'estensione anche alle altre ipotesi di vendita sembra derivare dall'assoluta mancanza di ogni ragione di diverso trattamento.