(Relazione del Ministro Guardasigilli Dino Grandi al Codice Civile del 4 aprile 1942)
699 La sezione dell'affitto si chiude con il regolamento dell'affitto a coltivatore diretto, o piccola affittanza, che dir si voglia; è preferibile però la denominazione di "affitto a coltivatore diretto", perche essa mette subito in evidenza la caratteristica essenziale del contratto, che è quella indicata nell'
art. 1647 del c.c.: coltivazione diretta da parte dell'affittuario, attuata con lavoro prevalentemente proprio o di persone della propria famiglia. Può ,anche essere impiegato lavoro altrui, eccezionalmente o stabilmente; ma prevalente deve essere quello dell'affittuario e della sua famiglia. Le dimensioni dell'affitto risultano commisurate alle possibilità di mantenere tale prevalenza. Se la famiglia colonica è numerosa, le dimensioni sono maggiori; minori nel caso inverso. Ma poichè talvolta questo criterio può condurre a conseguenze esorbitanti si è prevista la possibilità di determinare mediante norme corporative un limite massimo di estensione del fondo, per singole zone e colture. Nell'affitto a coltivatore diretto, se pure si svolge in forma d'impresa, domina il lavoro proprio del suo titolare, e di ciò tengono conto le fondamentali norme racchiuse negli
art. 1652 del c.c. e
art. 1653 del c.c.i. Il piccolo affittuario, l'uomo della fatica gioiosa, secondo l'espressione mussoliniana, ha tesori di energie lavorative, ma scarseggia di capitale: il locatore lo sorregge con anticipazioni al saggio legale (art. 1652), lo sorregge con la sua diretta sostituzione integratrice (art. 1653), con la quale il locatore persegue, oltre che gli interessi propri e del coltivatore, anche quelli superiori e immanenti della produzione.