Ma quando questo deve ritenersi possibile?
Va osservato che la regola generale è quella secondo cui, dopo il divorzio, “la moglie riacquista il cognome che essa aveva antecedentemente al matrimonio”, come espressamente previsto dall’art. 5 della legge n. 898 del 1970.
Tuttavia, la norma stessa prevede che, in presenza di un “interesse meritevole di tutela”, il Giudice possa autorizzare la moglie ha mantenere il cognome dell’ex coniuge.
Sarà il giudice, pertanto, a valutare caso per caso l’opportunità o meno di consentire alla moglie di continuare ad utilizzare il cognome da sposata.
Il medesimo, in particolare, nell’accogliere la richiesta dell’ex moglie, dovrà valutare, in primo luogo, se la stessa sia sorretta da un’idonea motivazione, che dia atto della sussistenza di un “interesse meritevole di tutela”.
Laddove, invece, l’interesse non dovesse essere ritenuto “meritevole di tutela”, il Giudice non potrà fare altro che rigettare la domanda avanzata dall’ex moglie.
Proprio di quest’argomento si è occupata recentemente la Corte di Cassazione che, con la sentenza n. 21706 del 26 ottobre 2015, ha fornito alcune precisazioni sul tema.
Nel caso all’esame della Corte, la moglie si era vista rigettare, sia in primo che in secondo grado, la richiesta di autorizzazione a conservare il cognome del marito, che aveva aggiunto al proprio dopo il matrimonio.
In particolare, la Corte d’Appello non riteneva le motivazioni addotte a sostegno della richiesta meritevoli di tutela, dal momento che “l’interesse meritevole di tutela” di cui parla l’art. 5 della legge n. 898 del 1970 ai fini della succitata autorizzazione “non può esaurirsi nell’irrinunciabilità ad un cognome famoso e noto che faciliti di per sé la frequentazione ali ambienti mondani, di rango sociale e censo elevati, assicurando notorietà e agevolazioni confacenti a quelle di una famiglia molto conosciuta nel ramo imprenditoriale perché altrimenti bisognerebbe concludere che ogni moglie divorziata dovrebbe poter mantenere íl cognome maritale allorquando appartenga a una famiglia dotata di notorietà”.
Dunque, poiché la moglie aveva dimostrato di voler mantenere il cognome del marito solo in ragione della notorietà dello stesso nell’ambiente sociale, la Corte d’Appello non ritiene che vi siano ragioni sufficienti per escludere l’applicabilità della regola generale secondo cui “la moglie riacquista il cognome che essa aveva antecedentemente al matrimonio”.
Giunti al terzo grado di giudizio, la Corte di Cassazione ritiene di dover aderire alle considerazioni svolte dai Giudici dei precedenti gradi di giudizio, rigettando il ricorso proposto dalla moglie e confermando il diniego di autorizzazione a mantenere il cognome dell’ex marito.
In particolare, la Corte osserva come, la possibilità di consentire la conservazione del cognome del marito, dopo la sentenza di divorzio “è da considerarsi una ipotesi straordinaria, affidata alla decisione discrezionale del giudice di merito secondo criteri di valutazione propri di una clausola generale ma che non possono coincidere con il mero desiderio di conservare come tratto identitario il riferimento a una relazione familiare ormai chiusa quanto alla sua rilevanza giuridica. Né può escludersi che l’uso del cognome possa costituire un pregiudizio per il coniuge che non vi acconsenta e che intenda ricreare, esercitando un diritto fondamentale a mente dell’art. 8 della C.E.D.U., un nuovo nucleo familiare che sia riconoscibile, come legame familiare attuale, anche nei rapporti sociali e in quelli rilevanti giuridicamente”.
In altri termini, è possibile derogare alla regola generale secondo cui la moglie perde il cognome del marito solo in ipotesi del tutto straordinarie, che sono rimesse alla valutazione discrezionale del giudice.
Certamente, però, la richiesta di conservare il cognome del marito non può risolversi in un semplice “capriccio”, dal momento che, comunque, con il divorzio, ogni rapporto con l’ex coniuge deve ritenersi chiuso e, peraltro, l’uso del cognome del marito potrebbe essere di pregiudizio per il marito stesso, nel momento in cui lo stesso desideri crearsi un nuovo nucleo famigliare.