Nel caso della responsabilità penale per omicidio colposo ex art. 589 c.p. per incidente stradale causato da una patologia accertata, l'ipotesi del caso fortuito non può essere riconosciuta. Infatti, in questo contesto, l'evento - lesioni o morte - risulta essere prevedibile, con conseguente esistenza di una responsabilità penale per colpa.
La sentenza ha fondato la sua responsabilità colposa sul fatto che gli attacchi di epilessia di cui soffriva l’imputato non potevano essere considerati imprevedibili perché prima di partire con la sua auto, si era messo al volante ben sapendo che avrebbe potuto soffrire di crisi improvvise in grado di fargli perdere il controllo del veicolo e provocare un incidente con gravi conseguenze.In particolare, è stato sottolineato dalla difesa che la circostanza che l'imputato fosse consapevole della sua epilessia non poteva essere di per sé un elemento valido per stabilire la sua responsabilità penale rispetto all'incidente verificatosi, poiché, da un lato, era la prima volta che si verificava una crisi epilettica durante la guida e, dall'altro, in passato non aveva mai avuto una crisi di entità tale da fargli perdere conoscenza come nel caso in questione. Inoltre, è stato sottolineato che l'imputato era seguito da uno specialista neurologo e in trattamento farmacologico, e mai, in occasione di un controllo per il rinnovo della patente, la Commissione competente - a conoscenza anche della documentazione medica dell'attore - aveva posto restrizioni a tale rinnovo.
Ma gli Ermellini non sono stati d'accordo, affermando che il fatto che non fosse consapevole di ciò che stava accadendo non significa che non avrebbe potuto essere consapevole della sua condizione se si fosse sforzato di prestare attenzione al suo effetto.
La Suprema Corte ha, così, rigettato il primo motivo di ricorso, dichiarandolo inammissibile, perché volto a ottenere una rivalutazione di elementi già adeguatamente presi in considerazione dalla Corte d'Appello.
La Corte ha sottolineato, inoltre, di non poter riesaminare la causa nel merito, ma di doversi limitare a verificare se i giudici di merito abbiano esaminato tutti gli elementi a loro disposizione, se ne abbiano fornito una corretta interpretazione, dando risposte esaurienti e convincenti alle deduzioni delle parti, e se abbiano applicato esattamente le regole della logica nello sviluppo delle argomentazioni che hanno giustificato la scelta di determinate conclusioni a preferenza di altre.
Infatti, è inammissibile il ricorso in cassazione basato sugli stessi motivi proposti con l'appello e ragionevolmente respinti in secondo grado, sia per l'insindacabilità di valutazioni di merito adeguatamente e logicamente motivate, sia per la genericità delle doglianze, che vengono proposte solo apparentemente denunciando un determinato errore logico o giuridico.
La decisione del giudice di condannare l'imputato per non aver osservato la dovuta diligenza si basava sul fatto che egli non aveva rispettato i requisiti prescritti dall'art. 115 del Codice della Strada, che prevede che il conducente debba essere idoneo, per requisiti fisici e mentali, al momento della guida.
In questo caso, è stato riscontrato che i suddetti requisiti mancavano all'imputato, che rientrava nella categoria di rischio più elevata per il rilascio delle patenti di guida e avrebbe dovuto essere autorizzato a guidare solo dopo un periodo, documentato e certificato dallo specialista neurologo, di un anno senza crisi epilettiche.
L'imputato ha sostenuto che non vi era alcun nesso causale tra la sua epilessia e l'incidente. Ha sottolineato che era in terapia farmacologica da oltre 10 anni e che non aveva mai avuto un incidente. Tuttavia, durante il processo è emerso che il neurologo dell'imputato aveva confermato che l'attore soffriva di frequenti crisi epilettiche pluriennali, cioè più volte all'anno, e in particolare aveva riferito che l'attore era già stato colpito da crisi epilettiche durante la guida in due occasioni, anche se in forma lieve, e che in un'occasione, pur non essendo alla guida, aveva avuto una crisi epilettica così grave da perdere conoscenza.
I giudici di merito avevano ritenuto che l'imputato fosse pienamente consapevole che la patologia da cui era affetto comportava episodi di perdita di coscienza e quindi lo rendeva inidoneo alla guida. Per questo motivo, i giudici hanno concluso che l'evento verificatosi non poteva essere considerato del tutto straordinario e imprevedibile per l'agente.
La Corte di Cassazione, invece, ha ritenuto valido il secondo motivo di ricorso. I giudici di merito, pur rilevando che l'imputato aveva risarcito integralmente il danno alla parte civile nel corso del processo e quindi tardivamente ai fini del riconoscimento dell'attenuante di cui all'art. 62 n. 6 c.p., hanno omesso di valutare questo nuovo elemento, indubbiamente favorevole al reo almeno ai fini del riconoscimento dell'attenuante di cui all'art. 62 bis c.p..
È consolidato nella giurisprudenza di legittimità che il risarcimento tardivo del danno non consente il riconoscimento dell'attenuante di cui all'art. 62, comma 6 c.p., ma può essere valutato positivamente dal giudice ai fini della concessione delle attenuanti generiche.
Per queste ragioni, la Corte di Cassazione annulla la sentenza impugnata con riferimento alla sua valutazione ai fini della concessione delle attenuanti generiche ex art. 62 bis c.p., rinviando per un nuovo giudizio ad altra sezione della Corte d'Appello e confermando tutto il resto.