(massima n. 1)
Alla stregua di una interpretazione letterale e logico-sistematica dell'art. 2118 c.c., nel contratto di lavoro a tempo indeterminato il preavviso non ha efficacia reale - che comporta, in mancanza di accordo tra le parti circa la cessazione immediata del rapporto, il diritto alla prosecuzione del rapporto stesso e di tutte le connesse obbligazioni fino alla scadenza del termine - ma efficacia obbligatoria. Ne consegue che, nel caso in cui una delle parti eserciti la facoltą di recedere con effetto immediato, il rapporto si risolve altrettanto immediatamente, con l'unico obbligo della parte recedente di corrispondere l'indennitą sostitutiva e senza che da tale momento possano avere influenza eventuali avvenimenti sopravvenuti, a meno che la parte recedente, nell'esercizio di un suo diritto potestativo, acconsenta, avendone interesse, alla continuazione del rapporto lavorativo, protraendone l'efficacia sino al termine del periodo di preavviso. (Nella specie la S.C., rilevato che il datore di lavoro aveva licenziato il lavoratore per giustificato motivo, individuandolo nell'abolizione della qualifica rivestita dal lavoratore, per poi convertirlo, due mesi dopo, in licenziamento per giusta causa, asserendo l'esistenza di gravi inadempimenti, ha dichiarato il secondo licenziamento privo di efficacia, in quanto intervenuto nell'ambito di un rapporto gią estinto).