(massima n. 1)
In materia di pubblico impiego privatizzato, le dimissioni del lavoratore - a cui equivale la rinuncia alla concessa proroga a rimanere in servizio fino al sessantacinquesimo anno di età a seguito di superamento della massima anzianità contributiva - costituiscono un atto unilaterale recettizio idoneo a determinare la risoluzione del rapporto nel momento in cui pervengono a conoscenza del datore di lavoro, indipendentemente dalla volontà di quest'ultimo di accettarle, con la conseguenza che la successiva revoca è inidonea ad eliminare l'effetto risolutivo già prodottosi, restando peraltro salva la possibilità, per le parti, in applicazione del principio generale di libertà negoziale,di porre nel nulla le dimissioni con la conseguente prosecuzione a tempo indeterminato del rapporto stesso, e con l'onere, in tal caso, di fornire la dimostrazione del raggiungimento del contrario accordo, a carico del lavoratore. (Nella specie, relativa alle dimissioni di una dirigente scolastica, la quale, ottenuta la proroga nella permanenza in servizio, vi aveva dapprima rinunciato chiedendo il collocamento a riposo, quindi, revocata l'istanza di pensionamento, aveva insistito per proseguire nel servizio, la S.C., nel rigettare il ricorso, ha rilevato che l'amministrazione scolastica, a seguito delle dimissioni, si era affrettata - atteso anche il breve lasso di tempo intercorrente tra la data delle dimissioni e l'inizio dell'anno scolastico - a nominare un nuovo dirigente ciò rivelando l'inesistenza di qualsiasi intento ricostitutivo).