(massima n. 1)
L'art. 47, quinto comma, della legge n. 428 del 1990, interpretato privilegiandone il significato maggiormente conforme al diritto comunitario in materia di salvaguardia dei diritti dei lavoratori in caso di trasferimento d'azienda (direttiva 14 febbraio 1977 n. 77/187, a sua volta interpretata in base alle sentenze della Corte di giustizia della Comunità europea 25 luglio 1991, n. C — 362/89, D'Urso, e 7 dicembre 1995, n. C — 472/93, Spano, e direttiva 29 giugno 1998 n. 98/50), consente modificazioni peggiorative del trattamento dei lavoratori, in deroga all'art. 2112 c.c., allo scopo di salvaguardare le opportunità occupazionali, quando venga trasferita l'azienda di un'impresa insolvente, purché — ferma restando la continuazione dei rapporti di lavoro —, il potere modificativo dell'imprenditore cessionario sia esercitato nei modi e nei limiti di cui ai principi dell'ordinamento interno, e quindi non in maniera unilaterale ma solo sulla base di un nuovo e regolare contratto, collettivo o individuale. (Nella specie, la S.C. ha confermato la sentenza impugnata che aveva evidenziato, da un lato, che i lavoratori messi in cassa integrazione non erano iscritti alle organizzazioni stipulanti e che, dall'altro, la stessa intesa non escludeva dal trasferimento d'azienda i lavoratori di cui la società si era impegnata a revocare il licenziamento collettivo).