(massima n. 1)
La contrattazione collettiva, muovendosi nell'ambito, e nel rispetto, della prescrizione posta dal primo comma dell'art. 2103 c.c. che fa divieto di un'indiscriminata fungibilitā di mansioni che esprimano in concreto una diversa professionalitā, pur confluendo nella medesima declaratoria contrattuale ed essendo riconducibili alla matrice comune che connota la declaratoria contrattuale č autorizzata a porre meccanismi convenzionali di mobilitā orizzontale prevedendo, con apposita clausola, la fungibilitā funzionale tra le mansioni per sopperire a contingenti esigenze aziendali ovvero per consentire la valorizzazione della professionalitā potenziale di tutti i lavoratori inquadrati in quella qualifica, senza incorrere nella sanzione della nullitā comminata dal secondo comma del citato art. 2103 c.c. (in applicazione dei principi affermati dalle Sezioni Unite, con sentenza n. 25033 del 2006, la Suprema Corte ha contrastato il ragionamento della corte territoriale in ordine al rilievo centrale dell'esistenza di posizioni retributive differenziate all'interno dell'area, sul presupposto che, per ritenerle vere e proprie qualifiche, sarebbe stato necessario ricostruire l'intenzione dei contraenti onde verificare se consentissero di collegare determinate mansioni alle diverse posizioni retributive, sancendo in pratica l'ultra-attivitā del sistema di inquadramento precedente, e ritenendo la motivazione contraddittoria per aver utilizzato, a sostegno della decisione, argomentazioni inidonee sotto il profilo logico-giuridico).