(massima n. 1)
In tema di risarcimento del danno alla persona, anche dopo l'entrata in vigore delle riforme Snail ed Rca (rispettivamente, D.L.vo n. 38/2000 e L. n. 57/2001, che «provvisoriamente e sperimentalmente», recepiscono la definizione di danno biologico), deve ritenersi tuttora applicabile il principio secondo il quale la capacità lavorativa generica è fatto che attiene alla qualità ed all'integrità della salute umana, sicché il danno biologico — inteso come menomazione dell'integrità psico-fisica subita dal soggetto — ne determina, illico et immediate, una riduzione (o perdita) contestuale, tale riduzione (o perdita) essendo intrinseca ed «interna» alla lesione alla salute, tanto da essere valutata unitariamente, all'interno di tale danno, con criteri areddituali, inerendo al valore dell'uomo come persona; il parametro «areddituale» della capacità lavorativa generica non può, tuttavia, essere utilizzato come presunzione di una possibilità di futura occupazione, da porsi in compensazione rispetto alla totalità del danno accertato, in mancanza dei presupposti di legge. (Nella specie la Corte ha cassato la sentenza di merito che, a fronte dell'accertamento della perdita totale della capacità lavorativa specifica, aveva presunto che il danneggiato potesse esplicare in futuro altre attività lavorative sulla base della residua capacità generica ed aveva perciò ridotto il danno patrimoniale da lucro cessante accertato).