(massima n. 1)
Il danno non patrimoniale, alla stregua di un'interpretazione costituzionalmente orientata dell'art. 2059 c.c., costituisce una categoria ampia, comprensiva non solo del cosiddetto danno morale, ovverosia della sofferenza contingente e del turbamento d'animo transeunte, determinati da un fatto illecito integrante un reato, ma anche di ogni ipotesi in cui si verifichi un'ingiusta lesione di un valore inerente alla persona, costituzionalmente garantito, alla quale consegua un pregiudizio non suscettibile di valutazione economica, senza soggezione al limite derivante dalla riserva di legge correlata all'art. 185 c.p. Pertanto, in caso di perdita di un familiare, la liquidazione del danno non patrimoniale subito da un congiunto affetto da sordomutismo non può non tener conto della particolare condizione del danneggiato, trattandosi di persona avente una ridotta capacità di comunicare e di relazionarsi con le altre persone, e rispetto alla quale la perdita di un familiare, soprattutto se convivente, se non comporta sofferenze morali maggiori, determina comunque un "vulnus" particolare ed ulteriore della concreta possibilità di comunicare e relazionarsi.