(massima n. 1)
In tema di separazione personale tra coniugi, il mutamento di fede religiosa — e la conseguente partecipazione alle pratiche collettive del nuovo culto —, connettendosi all'esercizio dei diritti garantiti dall'art. 19 della Costituzione, non può, di per sé solo, considerarsi come ragione di addebito della separazione, a meno che non vengano superati i limiti di compatibilità con i concorrenti doveri di coniuge e di genitore fissati dagli artt. 143, 147 c.c., determinandosi, per l'effetto, una situazione di improseguibilità della convivenza o di grave pregiudizio della prole. (Nell'affermare il principio di diritto che precede, la S.C. ha ritenuto, nel caso di specie, che la scelta di appartenenza ad una confessione religiosatale da determinare l'allontanamento dalla casa coniugale e la rinuncia alla convivenza non potesse rientrare nell'ambito dell'esercizio di un diritto costituzionalmente garantito onde escludere l'addebitabilità della separazione).