(massima n. 1)
Il comportamento di un coniuge, consistente nel sistematico rifiuto di fissare o comunque concordare con l'altro coniuge la residenza familiare; ove sia privo di apprezzabili giustificazioni (quali quelle derivanti da esigenze di lavoro), e resti ricollegabile a meri atteggiamenti sregolati di vita, può determinare non solo la separazione giudiziale, quando renda intollerabile la prosecuzione della convivenza, ma anche l'addebito della separazione medesima, a norma dell'art. 151, secondo comma, c.c., poiché si traduce in una violazione dei doveri scaturenti dal matrimonio (art. 144 c.c.). Tale principio non può trovare deroga in relazione alla circostanza che la suddetta condotta di vita sussisteva anche prima del matrimonio ed era conosciuta dall'altro sposo, poiché gli indicati doveri, incluso quello della fissazione della residenza della famiglia, non possono essere esclusi o limitati, né espressamente, né implicitamente, tramite l'accettazione di comportamenti incompatibili con la loro osservanza.