(massima n. 1)
In tema di contratti bancari, la circostanza che le operazioni connesse ad un contratto di apertura di credito vengano eseguite in conto corrente non privano il contratto di conto corrente bancario della sua autonomia: con la conseguenza che il recesso della banca dall'apertura di credito, operato in base ad una clausola contrattuale che consenta tale recesso anche in difetto di giusta causa, mentre non implica necessariamente il recesso dall'altro contratto, giustifica solo il rifiuto di pagare gli assegni del cliente, pervenuti successivamente, sulla base dell'affidamento revocato, ma non costituisce, in costanza di contratto di conto corrente di corrispondenza, valida ragione per rifiutare al correntista di effettuare il deposito della provvista occorrente per il pagamento di essi. Quest'ultimo comportamento — se posteriore al recesso dall'apertura di credito e come tale ininfluente nella valutazione della non arbitrarietà dello stesso — va pertanto valutato distintamente; alla luce del principio di buona fede, al fine di stabilire se, nel bilanciamento dei contrapposti interessi contrattuali, vi siano validi motivi per giustificare il recesso dal contratto di conto corrente senza quel preavviso che consenta al correntista di limitare i danni alla sua reputazione commerciale, al tempo stesso garantendo l'azienda di credito — con l'offerta della provvista — da qualsiasi rischio.