(massima n. 1)
Integra il delitto di cui all'art. 338 cod. pen. la minaccia rivolta al tribunale in composizione collegiale dopo la lettura della sentenza, in quanto l'organo giudicante, inteso quale corpo giudiziario, deve ritenersi ancora formalmente costituito ed insediato durante la sua permanenza all'interno dell'aula di giustizia o della camera di consiglio, anche in assenza di specifiche incombenze di competenza per il compimento di atti o l'adozione di decisioni. (In motivazione, la Corte ha precisato che le minacce rivolte all'organo giurisdizionale, dopo la pronuncia della sentenza, sono punibili anche se realizzate prima della legge 3 luglio 2017 n. 105 - che ha esteso l'ambito applicativo dell'art. 338 cod. pen. al fatto commesso a causa dell'avvenuto rilascio o adozione dell'atto - rientrando l'alterazione del normale svolgimento delle funzioni giudiziarie ed il condizionamento della funzione pubblica esercitata nella nozione di turbativa prevista dalla norma).