(massima n. 1)
L'appello proposto dal pubblico ministero avverso una decisione assolutoria, anche laddove sia incentrato sulla contestazione della valutazione di una prova dichiarativa compiuta dal giudice di primo grado, non comporta, ai sensi dell'art. 603, comma 3-bis, cod. proc. pen., l'automatico obbligo del giudice d'appello di procedere alla riassunzione della prova dichiarativa, dovendo questi previamente verificare, dopo aver consentito il contraddittorio delle parti, non necessariamente "in limine litis", ma anche all'esito della discussione: a) l'ammissibilitą dei motivi d'appello, secondo i criteri indicati dall'art. 581 cod. proc. pen.; b) la decisivitą delle prove, eventualmente indicate dall'appellante; c) la necessitą della loro rinnovazione mirata, nella prospettiva della riforma in senso peggiorativo della decisione assolutoria. (In applicazione del principio, la Corte ha rigettato il ricorso proposto dal procuratore generale avverso una sentenza d'appello, confermativa dell'esito assolutorio di primo grado, in un caso nel quale l'atto di appello si presentava generico perché privo di confronto con i motivi della decisione di prima istanza, che aveva analiticamente indicato le ragioni della ritenuta inattendibilitą intrinseca delle dichiarazioni della persona offesa di una presunta violenza sessuale). (Rigetta, CORTE ASSISE APPELLO BOLOGNA, 20/09/2017).