(massima n. 2)
In tema di ipoteca, la distinzione - presupposta dall'art. 2880 c.c. - tra diritto del creditore di espropriare il bene nei confronti del terzo acquirente e diritto di credito vantato nei confronti del debitore comporta che il creditore (o il suo avente causa), per evitare la prescrizione dell'ipoteca verso il terzo acquirente, debba promuovere contro il medesimo, nei termini, il processo esecutivo individuale, senza che costituisca valido atto interruttivo della prescrizione del diritto di garanzia l'ammissione al passivo del fallimento del debitore iscritto, che di quel bene abbia perduto la disponibilità, neppure nell'ipotesi prevista dall'art. 20 del r.d. n. 646 del 1905 (applicabile "ratione temporis"), che, in caso di mancata notificazione del subentro al debitore dei successori a titolo universale o particolare e degli aventi causa, si limita ad attribuire al creditore fondiario la possibilità di promuovere l'azione esecutiva individuale direttamente nei confronti del debitore, anche quando il bene sia stato venduto a terzi. (In applicazione di tale principio, la S.C. ha negato che costituissero validi atti interruttivi della prescrizione dell'ipoteca nei confronti del terzo acquirente del bene sia l'ammissione al passivo del fallimento dell'originario debitore, che del bene aveva perduto la disponibilità, da parte dell'originario creditore fondiario, dante causa della società ricorrente, sia il successivo atto di rinnovazione dell'iscrizione ipotecaria contro il debitore originario). (Rigetta, CORTE D'APPELLO LECCE, 20/04/2015).