(massima n. 1)
Ai sensi dell'art. 3, paragrafo 1, del Regolamento (CE) n. 1346/2000 del 29 maggio 2000, relativo alle procedure di insolvenza, competenti ad aprire la procedura di insolvenza sono i giudici dello Stato membro nel cui territorio è situato il centro degli interessi principali del debitore, presumendosi - per le società e le persone giuridiche - che il centro degli interessi sia, fino a prova contraria, il luogo in cui si trova la sede statutaria; peraltro, non contenendo detto regolamento la definizione di centro degli interessi principali, è compito del giudice nazionale da un lato stabilire quale sia in concreto, alla stregua del proprio ordinamento, la sede effettiva della società, e se il centro dei suoi interessi coincida realmente con la sede statutaria; dall'altro determinare, secondo la legge del luogo di costituzione della società (ai sensi dell'art. 25 della legge 31 maggio 1995, n. 218), gli effetti del trasferimento all'estero della sede statutaria. In questo contesto, ove al trasferimento all'estero (nella specie, in Gran Bretagna) della sede legale di una società non abbiano fatto seguito né l'effettivo esercizio di attività imprenditoriale (pur nei limiti di un'impresa in liquidazione) nella nuova sede, né il trasferimento, presso di essa, del centro dell'attività direttiva, amministrativa ed organizzativa della società, deve ritenersi che la presunzione in ordine alla coincidenza della sede effettiva con la sede legale debba continuare ad operare con riferimento alla sede anteriore; pertanto, sussiste la giurisdizione del giudice italiano a dichiarare il fallimento di società che in Italia abbia avuto, prima del detto (meramente formale) trasferimento, la sede legale.