(massima n. 1)
In materia di mutuo fondiario disciplinato, 'ratione temporis', dal d.P.R. n. 7 del 1976, la notificazione da parte della banca di atto di precetto al mutuatario inadempiente per il pagamento del credito vantato, anche residuo, comporta la risoluzione del contratto, in quanto con questo atto la banca manifesta la propria volontą di avvalersi della clausola risolutiva espressa prevista dell'art. 15 d.P.R. cit., dovendo essere cosģ qualificata quella testualmente indicata dalla norma come "condizione risolutiva", essendo compatibile la risoluzione sia con la previsione, ex art. 41, r.d. n. 646 del 1905, della maturazione di rate di mutuo dopo l'immissione della banca nel possesso dell'immobile, poichč questa si configura come rimedio a sč, distinto dalla esecuzione forzata ed alla medesima non necessariamente connesso, sia con la facoltą dell'aggiudicatario dell'immobile esitato di "approfittare" del mutuo (art. 61 e 62 r.d. cit.), che ripristina il contratto gią sciolto; peraltro, la risoluzione neppure compromette l'equilibrio economico tra provvista mediante l'emissione di obbligazioni dei mezzi necessari all'erogazione del credito e concessione del mutuo, poichč sul capitale residuo continuano a maturare gli interessi al tasso convenzionale, in quanto il contratto di mutuo costituisce un contratto di durata e, quindi, la risoluzione opera per il futuro, determinando l'anticipata scadenza dell'obbligazione di rimborso del capitale, ferma l'applicabilitą, nel caso di ritardo nel pagamento, degli interessi di mora al tasso convenuto ex art. 1224 cod. civ., restando invece escluso il riconoscimento dei medesimi interessi sulle rate a scadere che comprendono, oltre alla quota capitale anche gli interessi corrispettivi, in virtł dell'anatocismo legale previsto dall'art. 14, d.P.R. n. 7 del 1976.