(massima n. 1)
Ai sensi dell'art. 9 della l. n. 898 del 1970 (così come modificato dall'art. 2 della l. n. 436 del 1978 e dall'art. 13 della l. n. 74 del 1987), le sentenze di divorzio passano in cosa giudicata "rebus sic stantibus", rimanendo cioè suscettibili di modifica quanto ai rapporti economici o all'affidamento dei figli in relazione alla sopravvenienza di fatti nuovi, mentre la rilevanza dei fatti pregressi e delle ragioni giuridiche non addotte nel giudizio che vi ha dato luogo rimane esclusa in base alla regola generale secondo cui il giudicato copre il dedotto ed il deducibile. Pertanto, nel caso di mancata attribuzione dell'assegno divorzile, in sede di giudizio di divorzio per rigetto o per mancanza della relativa domanda, la determinazione dello stesso può avvenire solo in caso di sopravvenienza di fatti nuovi concernenti le condizioni o il reddito di uno dei coniugi. (Nella specie, la S.C. ha cassato la decisione impugnata, rigettando la domanda di assegno divorzile, da qualificarsi correttamente come modifica delle condizioni preesistenti, cristallizzate nella pronuncia di cessazione degli effetti civili del matrimonio, per omessa deduzione ed allegazione di fatti modificativi della situazione anteatta). (Cassa e decide nel merito, CORTE D'APPELLO ROMA, 11/08/2014).