(massima n. 1)
In tema di divorzio, il tentativo di conciliazione da parte del presidente del tribunale, pur configurandosi come un atto necessario per l'indagine sull'irreversibilità della frattura spirituale e materiale del rapporto tra i coniugi, non costituisce, tuttavia, un presupposto indefettibile del giudizio di scioglimento o di cessazione degli effetti civili del matrimonio; sicché la mancata comparizione di una delle parti non comporta la fissazione obbligatoria di una nuova udienza presidenziale, la quale, invece, può essere omessa quando non se ne ravveda la necessità e l'opportunità, come quando — ancorché l'impedimento a comparire sia giustificato e sia dipeso da ragioni di salute — risulti la volontà della parte non comparsa, costituitasi a mezzo di difensore, di conseguire la cessazione degli effetti civili del matrimonio, e quindi si appalesi l'inutilità del tentativo di conciliazione. (Nel caso di specie, la convenuta, temporaneamente impedita per gravi ragioni di salute, non era comparsa all'udienza presidenziale, fissata per il tentativo di conciliazione; a detta udienza, peraltro, era intervenuto il difensore della convenuta, che si era costituito nel giudizio con una memoria di non opposizione alla domanda di divorzio, senza formulare alcuna richiesta di rinvio in ragione dell'impedimento della propria assistita).