(massima n. 1)
Le «ragioni della decisione», in relazione alle quali, in conseguenza dello scioglimento del matrimonio, viene riconosciuto e quantificato l'assegno previsto dall'art. 5, quarto comma della L. 1 dicembre 1970, n. 898, comprendono anche fatti o comportamenti non colposi o dolosi, ma obiettivamente riferibili a l'uno o l'altro dei coniugi, quali cause di disgregazione del matrimonio, secondo un criterio di collegamento puramente fenomenico, e non a titolo di imputabilità soggettiva. Pertanto, qualora tale scioglimento consegua a dispensa pontificia per matrimonio rato e non consumato (resa esecutiva nell'Ordinamento statale), la quale si basi sulla prova certa della mancata consumazione del matrimonio, e sull'esclusione, allo stato, della dimostrazione di un'impotenza assoluta o relativa anteriore al matrimonio stesso (la quale implicherebbe motivo di nullità del vincolo), il giudice del merito, chiamato a liquidare il suddetto assegno, può e deve valutare, fra le indicate ragioni, se vi sia incapacità al congiungimento carnale di un coniuge, e se essa, in relazione al comportamento dell'altro, sia o meno al medesimo coniuge oggettivamente riferibile, atteso che, in caso positivo, e pur in difetto di colpa, (cioè di conoscenza anteriore dello stato di incapacità), trattasi di circostanza che spiega rilievo causale sulla disgregazione del rapporto coniugale.