(massima n. 1)
La dichiarazione di divorzio non consegue automaticamente alla constatazione della presenza di una delle cause previste dall'art. 3 della L. 898 del 1970 (oggi dagli artt. 1 e 7 della L. n. 74 del 1987), ma presuppone, in ogni caso, attesi i riflessi pubblicistici riconosciuti dall'ordinamento all'istituto familiare, l'accertamento, da parte del giudice, della esistenza (dell'essenziale condizione) della concreta impossibilitą di mantenere o ricostituire il consorzio familiare per effetto della definitivitą della rottura dell'unione spirituale e materiale tra i coniugi (accertamento di ampiezza ed approfondimento diversi, secondo le circostanze emergenti dagli atti e le deduzioni svolte in concerto dalle parti). L'asserito venir meno dello stato di separazione, opposto da uno dei coniugi in presenza di una richiesta di divorzio avanzata dall'altro coniuge, ha, pertanto, come suo indefettibile presupposto, l'avvenuta riconciliazione (ossia la ricostituzione del nucleo familiare nell'insieme dei suoi rapporti materiali e spirituali), e va accertato attribuendo rilievo preminente alla concretezza degli atti, dei gesti e dei comportamenti posti in essere dai coniugi valutati nella loro effettiva capacitą dimostrativa della disponibilitą alla ricostruzione del rapporto matrimoniale piuttosto che con riferimento al mero elemento psicologico, tanto pił difficile da provare in quanto appartenente alla sfera intima dei sentimenti e della spiritualitą soggettiva. (Nella specie, il giudice di merito aveva ritenuto la inesistenza di una insanabile frattura del vincolo coniugale per il solo fatto che il marito, pur vivendo in un'altra cittą e con un'altra donna, tornasse in famiglia nei soli fine settimana, provvedendo, in tali occasioni, con la moglie, al menage domestico ed all'educazione dei figli: la S.C., nell'affermare il principio di diritto di cui in massima, ha cassato la sentenza impugnata).