(massima n. 1)
Ai sensi degli artt. 3 e 196 del d.lgs. 30 aprile 1992, n. 285, per le violazioni al codice della strada punibili con la sanzione pecuniaria, la responsabilità del proprietario del veicolo è presunta e lo stesso ha l’onere di offrire la prova liberatoria, dimostrando che la circolazione del veicolo è avvenuta contro la sua volontà; tale prova è tuttavia esclusa, ai sensi del terzo comma dell’art. 196 citato, quando la violazione è commessa dal rappresentante o dal dipendente di una persona giuridica o di un ente o di un’associazione priva di responsabilità o comunque da un imprenditore nell’esercizio delle proprie funzioni o incombenze, attesoché, in considerazione della relazione di immedesimazione o di preposizione che lega l’ente o l’imprenditore all’agente, l’attività posta in essere da quest’ultimo nell’esercizio e nell’ambito delle attribuzioni conferitegli, è direttamente riferibile ai primi. (Nella specie, in applicazione del riportato principio, la S.C. ha confermato, correggendone la motivazione, la sentenza del giudice di pace che, ritenendo provata la violazione ascritta a titolo di responsabilità oggettiva, aveva rigettato l’opposizione proposta da una società avverso i verbali con cui le era stata contestata la violazione di cui all’art. 167, comma nove, del codice della strada per aver consentito la circolazione di un veicolo di sua proprietà in eccedenza di peso, essendo risultato che il trasporto era stato effettuato da dipendenti dell’imprenditore nell’esercizio di attività d’impresa).