(massima n. 1)
Il D.P.R. 25 luglio 1991 ha introdotto la distinzione tra attività che provocano emissioni poco significative ed impianti a ridotto inquinamento atmosferico, stabilendo, all'art. 2, che le attività ad inquinamento atmosferico poco significativo non necessitano di autorizzazione. Ai sensi dell'art. 5, comma 1, del citato D.P.R. le regioni e le altre autorità di cui all'art. 17 del D.P.R. n. 203/1988 autorizzano in via generale le attività di cui all'art. 4 e cioè quelle a ridotto inquinamento atmosferico. Ai sensi del secondo comma dell'art. 5 le amministrazioni citate possono altresì predisporre procedure specifiche anche con modelli semplificati di domande di autorizzazione in base ai quali le quantità e qualità delle emissioni siano deducibili dall'indicazione delle quantità di materie prime ed ausiliarie utilizzate nel ciclo. Orbene, dalle disposizioni di legge sopra riportate si evince chiaramente che occorre sempre uno specifico provvedimento regionale o delle altre autorità indicate dall'art. 7 del D.P.R. n. 203/1988 che o autorizzi in via generale l'esercizio delle attività a ridotto inquinamento atmosferico, individuandone specificamente, ovvero predisponga procedure specifiche di autorizzazione con modelli semplificati, altrimenti trovano sempre applicazione le sanzioni di cui al D.P.R. n. 203/1988. Ed infatti la possibilità di esercitare l'attività senza chiedere l'autorizzazione è concessa dal D.P.R. 25 luglio 1991 solo per impianti con emissioni poco significative. Proprio con riferimento alle disposizioni citate è stato reiteratamente affermato da questa Suprema Corte che sono assoggettate alla normativa generale di autorizzazione o di controllo le attività a ridotto inquinamento elencate nell'allegato 2 del D.P.R. 25 luglio 1991 n. 175, mentre ne sono esenti solo quelle i cui impianti provocano inquinamento atmosferico poco significativo, elencate nell'allegato 1 del medesimo D.P.R.