(massima n. 1)
In tema di tutela penale dell'ambiente, non è configurabile il reato di attività di gestione di rifiuti non autorizzata in presenza di un'attività di frammentazione o macinatura di terre e rocce da scavo, in quanto tale attività non costituisce un'operazione di trasformazione preliminare ai sensi dell'art. 186, D.Lgs. 3 aprile 2006, n. 152, non determinando di per sé stessa alcuna alterazione dei requisiti merceologici e di qualità ambientale. (Fattispecie nella quale la Corte ha, però, ritenuto la rilevanza penale della condotta ascritta all'imputato, che si era concretizzata in una attività di vagliatura e di deposito ultrannuale). (Rigetta, Trib. Lucca, 24 giugno 2014). Ai sensi dell'art. 39, comma 4, D.Lgs. n. 205/2010, l'abrogazione dell'art. 186 del D.Lgs. n. 152/2006 è destinata ad operare solo a seguito dell'entrata in vigore dei D.M. previsti dall'art. 184-bis del cit. Decreto dovendo corrispondere il sottoprodotto ai requisiti qualitativi o quantitativi stabiliti da tali provvedimenti. Considerato che il citato art. 39, comma 4, prevede che l'abrogazione dell'art. 186 operi solo a far data dall'entrata in vigore dei D.M. in materia di sottoprodotti, il predetto articolo ha assunto natura di norma temporanea, con la conseguenza che, ai sensi dell'art. 2 cod. pen. la relativa disciplina si applica in ogni caso ai fatti commessi nella vigenza della normativa in materia di terre e rocce da scavo. Non sarebbe, infatti, possibile attribuire la qualifica di sottoprodotto a determinati materiali sulla base di disposizioni amministrative inesistenti all'epoca della loro produzione.