(massima n. 1)
Anche a seguito dell'approvazione del D.P.R. n. 120/2017 (che ha introdotto una nuova disciplina della gestione delle terre e rocce da scavo), le modifiche del regime giuridico di tali rifiuti, pur avendo inciso su una serie di profili attinenti alle procedure di classificazione ed ai relativi requisiti, non hanno comunque inciso, in maniera decisiva o comunque rilevante, con riferimento ai profili che consentono di qualificare "rifiuto" e non "sottoprodotto" il materiale da scavo prodotto attraverso lavori edili, ovvero: 1) la necessitą di una scrupolosa osservanza delle procedure previste per il successivo riutilizzo del materiale e per il suo trasporto in un sito diverso da quello di produzione; 2) la presenza, nel materiale di risulta ottenuto dalle operazioni di scavo, di sostanze inquinanti. In tema di tutela dell'ambiente, ai fini della configurabilitą del reato di cui all'art. 260 del D.Lgs. 3 aprile 2006, n. 152, la qualifica di terre e rocce da scavo come sottoprodotti secondo i criteri di cui all'art. 4, comma 2, D.P.R. 13 giugno 2017, n. 120, non impedisce che le stesse siano soggette alla normativa in tema di rifiuti quando si verifichi la totale inosservanza delle procedure previste per il successivo riutilizzo del materiale e per il suo trasporto in un sito diverso da quello di produzione ovvero in caso di presenza, nel materiale di risulta, di sostanze inquinanti. (Annulla senza rinvio, App. Palermo, 11 marzo 2015).