(massima n. 1)
La normativa in tema di terre e rocce da scavo, vigente nel 2009/2010, non imponeva espressamente l'obbligo di asseverare la sussistenza dei requisiti richiesti dall'art. 186, comma 1, D.Lgs. n. 152/2006 sicché le eventuali falsità di tali attestazioni non sono penalmente sanzionate dall'art. 483 cod. pen. In ogni caso, poiché l'attestazione, la cui falsità è penalmente sanzionata, consiste in un'affermazione o negazione di verità preesistente alla dichiarazione stessa e mai in una dichiarazione di volontà o in un giudizio, il reato di cui all'art. 483 cod. pen. al più potrebbe configurarsi con riferimento alla parte del progetto descrittiva della situazione esistente e, dunque, delle condizioni che legittimano l'utilizzo delle terre e rocce da scavo e non alla parte programmatica. Integra il reato di falsità ideologica in certificati (art. 481 cod. pen.), e non quello più grave di falsità ideologica in atto pubblico (art. 483 cod. pen), la falsa attestazione dell'esistenza delle condizioni previste dall'art. 186, comma 1, D.Lgs. 3 aprile 2006, n. 152, per l'utilizzo di terre e rocce da scavo in siti diversi da quelli di produzione, compiuta in epoca antecedente alla entrata in vigore del D.M. 10 agosto 2012, n. 161. (Annulla con rinvio, App. Milano, 13 marzo 2017).