(massima n. 1)
In tema di incarichi dirigenziali delle amministrazioni statali, secondo la disciplina contenuta nell'art. 19 D.Lgs. n. 165/2001 (con riguardo sia al testo originario che a quello modificato dall'art. 3 L. n. 145/2002); l'atto di conferimento, a necessaria struttura unilaterale non ricettizia, ha natura di determinazione assunta dall'amministrazione con la capacità e i poteri del privato datore di lavoro, a norma dell'art. 5 comma 2, dell'indicato decreto, la cui formale adozione rileva esclusivamente sul piano dell'organizzazione e ai fini dei controlli interni di cui al comma 3 dello stesso articolo. Ne consegue che, pur essendo idoneo a ingenerare nel designato l'aspettativa al perfezionamento della fattispecie attributiva all'incarico, tutelata con il rimedio risarcitorio per l'eventuale lesione dannosa di legittimo affidamento, rispetto all'incarico al quale aspira, non gli attribuisce, prima della stipulazione del contratto, diritti ulteriori e diversi da quelli dei quali non fosse già titolare di fronte al potere organizzativo retto dal diritto privato, cosicché l'atto di conferimento può essere liberamente modificato o ritirato nell'esercizio dello stesso potere, e non nell'esercizio di autotutela decisoria amministrativa (senza perciò incontrare i limiti procedimentali e sostanziali di questa), non essendo ammesso l'interessato a contestare in sé, il potere di modifica o ritiro, ma solo la legittimità della scelta operata nei suoi confronti, ovvero a dedurre la lesione dell'aspettativa quale fonte di danno.