(massima n. 1)
È inammissibile la q.l.c. dell'art. 271, comma 2, D.Lgs. 18 agosto 2000 n. 267, censurato, in riferimento agli artt. 3, 18, 97, 114,118 e 119 Cost., nella parte in cui esclude la possibilità per gli enti locali di distaccare il proprio personale anche presso associazioni diverse da quelle tassativamente indicate (organismi nazionali e regionali dell'Anci, dell’Upi, dell'Aiccre, dell'Uncem, della Cispel e sue federazioni). L'ordinanza di rimessione risulta carente di una adeguata motivazione, in ordine sia alle ragioni sottese alla formulazione della regola contenuta nella normativa oggetto di censura, sia ai motivi della ritenuta omogeneità delle associazioni ricorrenti rispetto a quelle contemplate dalla norma, omogeneità che determinerebbe la necessità di estendere ad esse la disciplina in esame. Inoltre, il giudice "a quo" non argomenta in ordine alla configurabilità di quella "eadem ratio" della disciplina impugnata con quella degli evocati "tertia comparationis" che sola porterebbe a ritenere "irragionevole", e per ciò stesso arbitraria, la scelta discrezionale del legislatore di differenziare il trattamento di situazioni di comprovata omogeneità. Né giustifica la auspicata estensione del criterio di "maggiore rappresentatività" per individuare le associazioni di enti locali destinatarie del beneficio in esame, mentre la violazione dell'art. 18 Cost., da un lato, e degli artt. 97, 114, 118 e 119 Cost., dall'altro, è denunciata in modo generico. Il rimettente, infine, formula un "petitum" che non configura un'unica soluzione costituzionalmente obbligata, in quanto diretta a una generale ed indiscriminata estensione dell'ambito di applicabilità del beneficio medesimo a tutte le altre associazioni di enti locali (sent. n. 89 del 1996, 231 del 2013, 30, 81, 142 del 2014; ordd. n. 16, 101 del 2014).