(massima n. 1)
L'affermazione della Corte Europea dei Diritti dell'Uomo di non conformità al principio del rispetto del diritto di proprietà della disciplina indennitaria delle espropriazioni illegittime antecedenti al 30 settembre 1996, come modificata dal comma 7-bis dell'art. 5-bis L. n. 359 del 1992, e ribadita dall'art. 55 T.U. espropriazioni, è generalizzata nell'argomentazione dei giudici di Strasburgo e addebita alla norma la violazione del diritto della persona al rispetto dei propri beni, di cui all'art. 1, del primo protocollo addizionale alla convenzione, sotto diversi profili, e cioè: I) per essersi profondamente discostata dalla regola dell'integralità della riparazione corrispondente al valore venale dell'immobile, ritenuta dalla Corte imprescindibile nelle occupazioni non aventi base legale, onde contemperare il giusto equilibrio tra i contrapposti interessi; II) per avere recepito un criterio riduttivo collegato ad un parametro considerato già irrazionale nelle espropriazioni illegittime, comportante un sostanziale dimezzamento del valore del bene (per di più soggetto ad ulteriore tassazione) perciò non avente alcuno dei requisiti per rientrare nel novero delle soluzioni considerate ragionevoli; III) per averlo slealmente introdotto in giudizi iniziati ed impostati secondo diversi presupposti normativi, sì da incorrere anche nella violazione dell'art. 6 della Convenzione, per il mutamento delle regole in corsa.