(massima n. 1)
Sussiste la giurisdizione amministrativa nell'ipotesi in cui la dichiarazione di p.u. sia stata emessa e poi successivamente annullata in sede amministrativa o giurisdizionale perché, anche in tal caso, si è in presenza di un concreto e riconoscibile atto di esercizio del potere, pur se poi lo stesso si è rivelato illegittimo e, per disposto annullamento, ha cessato retroattivamente di esplicare i suoi effetti. La lesione del diritto soggettivo di proprietà è, infatti, rapportabile ad un comportamento materiale dell'amministrazione, tuttavia riconducibile all'avvenuta adozione ed esecuzione della dichiarazione di p.u. e divenuto tale in seguito al provvedimento che l'ha caducata, sicché spetta al g.a. disporre le diverse forme di tutela che l'ordinamento appresta per le situazioni soggettive sacrificate dall'esercizio illegittimo del potere ablativo, e tra queste rientra anche quella risarcitoria, in forma specifica o per equivalente, che per il disposto dell'art. 35 D.Lgs. n. 80 del 1998 non può più essere oggetto di separata e distinta considerazione ai fini della giurisdizione; peraltro, a nulla rileva a tal fine, la scelta di un momento successivo per proporre la domanda di risarcimento del danno, in quanto gli art. 34 e 35 D.Lgs. n. 80 del 1998 non richiedono una situazione di contestualità fra sindacato di legittimità e cognizione degli effetti di ordine patrimoniale per la devoluzione della controversia alla giurisdizione amministrativa.