(massima n. 1)
Quando l'Amministrazione rinnova l'esercizio delle sue funzioni dopo l'annullamento di un atto operato dal giudice amministrativo, l'interessato che si duole (anche) delle nuove conclusioni raggiunte dall'amministrazione può proporre un unico giudizio davanti al giudice dell'ottemperanza, lamentando la violazione o elusione del giudicato ovvero la presenza di nuovi vizi di legittimità nella rinnovata determinazione; il giudice dell'ottemperanza è quindi chiamato, in primo luogo, a qualificare le domande prospettate, distinguendo quelle attinenti propriamente all'ottemperanza da quelle che invece hanno a che fare con il prosieguo dell'azione amministrativa, traendone le necessarie conseguenze quanto al rito ed ai poteri decisori; nel caso in cui il giudice dell'ottemperanza ritenga che il nuovo provvedimento emanato dall'amministrazione costituisca violazione ovvero elusione del giudicato, ne dichiara la nullità, con la conseguente improcedibilità per sopravvenuta carenza di interesse della seconda domanda (quella cioè volta a sollecitare un giudizio sulla illegittimità dell'atto gravato). Viceversa, in caso di rigetto della domanda di nullità, il giudice dispone la conversione dell'azione per la riassunzione del giudizio innanzi al giudice competente per la cognizione, ai sensi dell'art. 32, comma 2, del D. Lgs. n. 104/2010.