(massima n. 1)
In tema di risoluzione illegittima di contratto di scrittura artistica, il risarcimento del danno relativo alla lesione della immagine professionale presuppone l'assolvimento dell'onere da parte dell'artista di fornire la prova della sussistenza e dell'ammontare dello stesso, la cui valutazione è rimessa al giudice del merito ed è incensurabile in Cassazione se correttamente motivata; la relativa liquidazione può avvenire in via equitativa ove non sia possibile individuare con precisione l'esatto ammontare del danno; tuttavia in tal caso, incombe sul danneggiato l'onere di fornire gli elementi probatori e i dati di fatto in suo possesso per consentire che l'apprezzamento equitativo sia, per quanto possibile, limitato e riconducibile alla sua caratteristica funzione di colmare solo le inevitabili lacune al fine della precisa determinazione del danno. (Alla stregua del principio di cui alla massima, in un giudizio avente ad oggetto, tra l'altro, il risarcimento del danno alla immagine professionale asseritamele causato dalla illegittima risoluzione di un contratto di scrittura artistica, stipulato a tempo determinato, ma accompagnato da circostanze qualificate dal ricorrente come prove incontrovertibili di un accordo verbale inteso all'assunzione dello stesso come attore per la stagione teatrale successiva alla scadenza del contratto, la Suprema Corte ha confermato la decisione di merito che aveva escluso che potesse ravvisarsi danno alla immagine professionale dell'artista nel fatto che fossero rimaste in circolazione, dopo la risoluzione del contratto, locandine predisposte in anticipo - in considerazione delle trattative intercorrenti per la scritturazione del ricorrente per la stagione successiva - con il nome dello stesso, poi sostituito, a seguito del mancato accordo, con altro attore; ed aveva altresì escluso un utilizzo abusivo del nome del ricorrente, in mancanza della prova di una volontà di porre in essere il comportamento costituente abuso).