(massima n. 3)
L'art. 26 comma 2 Cod. proc. amm., come modificato dall'art. 1 comma 1 lett. f) D.L.vo 15 novembre 2011 n. 195 - a norma del quale "il giudice condanna d'ufficio la parte soccombente al pagamento di una sanzione pecuniaria, in misura non inferiore al doppio e non superiore al quintuplo del contributo unificato dovuto per il ricorso introduttivo del giudizio, quando la parte soccombente ha agito o resistito temerariamente in giudizio..." -, si distingue dalla precedente versione: a) per aver introdotto una misura sanzionatoria, in aggiunta a quella indennitaria, in virtù del richiamo operato dall'art. 26 comma 1 all'intero art. 96 Cod. proc. civ. e, pertanto, anche al comma 3 che stabilisce la fattispecie indennitaria madre, dunque cumulabile con una sanzione processuale pecuniaria; b) per l'apparente modificazione dei suoi presupposti di applicabilità, tenendo peraltro presente che la "temerarietà" della condotta processuale comprende in sé anche le fattispecie delle "ragioni manifeste" e degli "orientamenti giurisprudenziali consolidati".