(massima n. 1)
L'art. 9, c.p.a. ha un duplice contenuto precettivo. Da un lato, esclude che il giudice d'impugnazione possa rilevare il difetto di giurisdizione se nessuna parte l'abbia eccepito; dall'altro, pone in capo alle parti l'onere di far valere il difetto di giurisdizione mediante la proposizione di uno specifico motivo di gravame (sancendo, quindi, l'irrilevanza della semplice eccezioneformulata in memoria). I due contenuti precettivi hanno una diversa applicazione temporale; in base al principio tempus regit actum, invero deve escludersi che il giudice possa dichiarare inammissibile un'eccezione che, rispetto alla normativa in vigore al momento della sua proposizione, risulta senz'altro ritualmente proposta, risultando pacifico, anche alla luce della decisione dell'Adunanza Plenaria 30 agosto 2005 n. 4 che prima dell'entrata in vigore del Codice l'eccezione di difetto di giurisdizione poteva essere riproposta in appello anche con semplice memoria (come avvenuto appunto nel caso di specie). Diverso č il caso in cui l'eccezione di difetto di giurisdizione non risultasse in alcun modo proposta (neanche con semplice memoria): in questo caso, lo stesso principio tempus regit actum impedirebbe al giudice d'appello, anche con riferimento agli appelli proposti anteriormente al 16 settembre 2010, di rilevare d'ufficio il difetto di giurisdizione.